Tudor, tre sconfitte consecutive e un rapporto ormai logoro con l’ad Comolli hanno spinto la Juventus a dire addio al tecnico croato. Alla base della scelta anche la gestione disastrosa dei nuovi acquisti Openda, David e Joao Mario. Ora tocca a Brambilla, in attesa del successore: Spalletti o Palladino in pole.
Finisce nel peggiore dei modi l’avventura di Igor Tudor sulla panchina della Juventus.
Dopo settimane di tensione, risultati deludenti e scontri interni, la società bianconera ha ufficializzato l’esonero del tecnico croato.
Una “settimana nera”, chiusa con tre ko consecutivi contro Como, Real Madrid e Lazio, ha sancito la fine di un rapporto che, nei fatti, si era già incrinato da tempo.
La squadra passa ora nelle mani di Massimo Brambilla, tecnico della Next Gen, mentre la dirigenza valuta i profili di Spalletti e Palladino per il futuro.
Tudor una decisione annunciata
Secondo quanto rivelato da Fabrizio Romano, la decisione è stata comunicata a Tudor poco prima di mezzogiorno, ma era nell’aria da giorni.
Le smentite della vigilia non avevano convinto nessuno, perché la posizione del croato era già compromessa.
Otto partite consecutive senza vittorie e una squadra in evidente confusione tattica avevano convinto la dirigenza che il ciclo fosse ormai arrivato al capolinea.
Non solo i risultati, però. A pesare sono stati anche i rapporti deteriorati con l’amministratore delegato Damien Comolli, arrivato la scorsa estate per dare una svolta manageriale al club.
Comolli e Tudor: Due visioni incompatibili
La frattura tra i due si è aperta presto.
Comolli aveva in mente un progetto tecnico moderno, basato su giovani di talento e su un calcio propositivo.
Tudor, invece, ha continuato a insistere su un approccio più conservativo, privilegiando i senatori e lasciando spesso in panchina i nuovi volti del mercato.
Le divergenze, inizialmente gestite con diplomazia, si sono presto trasformate in tensioni insanabili. La mancanza di risultati ha solo accelerato un divorzio che appariva inevitabile.
Il flop dei nuovi acquisti
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, raccontano da Vinovo, è stata la gestione dei nuovi acquisti.
Il mercato estivo, fortemente voluto da Comolli, aveva portato a Torino nomi di spessore come Loïs Openda, Jonathan David (arrivato a parametro zero ma con un ingaggio pesante) e Joao Mario.
Un investimento importante, ma che Tudor non ha mai saputo valorizzare.
Openda e David hanno collezionato più panchine che minuti, mentre Joao Mario non è mai entrato nelle rotazioni.
Un fallimento tecnico e gestionale che ha irritato la dirigenza, convinta che il tecnico non abbia dato fiducia ai nuovi arrivati, svalutando di fatto un patrimonio da decine di milioni.
“Non solo non arrivavano risultati, ma si stava anche bruciando il valore dei giocatori”, il commento trapelato da ambienti vicini al club.
Un rapporto indeclino
Tudor era consapevole del rischio.
Nelle ultime conferenze aveva provato a difendersi, parlando di “calendario difficile” e “progetto in costruzione”, ma ormai la crepa era insanabile.
L’allenatore, che pure aveva riportato la Juve in Champions League la scorsa stagione, paga un avvio disastroso, rapporti tesi e scelte discutibili.
Ora per lui si aprono nuovi scenari, probabilmente lontani dall’Italia, mentre la Juventus è chiamata all’ennesima ripartenza.
Il dopo Tudor
Il nome di Massimo Brambilla guiderà la squadra ad interim, ma la società punta a chiudere presto per un nuovo allenatore.
Luciano Spalletti rappresenta il sogno, difficile ma non impossibile.
Raffaele Palladino, invece, è la pista più concreta: giovane, ambizioso e in linea con la filosofia che Comolli vuole costruire.
Una nuova Juve deve nascere, ancora una volta dalle macerie di un progetto tecnico fallito.






