Ranieri introduce il Gasp a Roma e ai romanisti nella conferenza stampa di presentazione del nuovo tecnico giallorosso
Per l’ora di pranzo si è tenuta la conferenza stampa con la quale Ranieri introduce il Gasp, nuovo allenatore della A.S. Roma, nella capitale.
La sala stampa, gremita di giornalisti, era presenziata quindi dal Senior Advisor giallorosso (e ancora mister fino al 30 giugno).
Il tifoso romanista per eccellenza, Claudio Ranieri, introduce il Gasp da solo, dirigendo con carisma l’evento mediatico e dimostrando, ancor più in un momento cruciale e di incertezza (freschissima la separazione con il vecchio D.S. Florent Ghisolfi), come sia lui la bussola della Roma che sta nascendo.
Sir. Claudio principia la conferenza prendendo parola e presentando il nuovo tecnico alla stampa.
R: «Mi avete dato del bugiardo quando mi è stato chiesto se fosse Gasperini e ho risposto no; ma non era Gasperini, io avevo chiesto la sua disponibilità e lui mi aveva detto “perché no?“, ma da lì a dire che era lui, ne correva. I Friedkin hanno scelto lui perché dove è andato ha fatto bene, Crotone, Genoa, Atalanta..è un allenatore che riesce a cambiare la fisionomia di un atleta, riesce a rendere ottimi determinati giocatori. E’ quello che speriamo tutti, sa delle difficoltà che incontreremo in questi due mercati. […] Giampiero è stato chiamato per cominciare a costruire un qualcosa che, speriamo tutti, possa dare frutti rigogliosi. Personalità forte, schietto, parla in faccia, dice le cose chiaramente, magari alcune volte anche a brutto muso, ma fa parte del carattere di ognuno di noi. […] Giampiero è qui con noi, grazie per essere venuto».
Ranieri introduce il Gasp: le sue risposte
Claudio Ranieri introduce il Gasp e risponde alle domande poste dai giornalisti.
C’è una soluzione imminente per la direzione sportiva?
R: «La società sta vagliando alcuni nominativi, quanto prima conoscerete il nuovo direttore sportivo».
Come sarà il suo rapporto con Gasperini e perché è stato scelto?
R: «Era antipatico anche a me, è la prima cosa che gli ho detto. “Sei antipatico, ai tifosi della Roma sei antipatico“. […] Tra i tanti nomi ho fatto il suo perché sono convinto che Roma abbia bisogno di una personalità forte, di un allenatore che non si accontenta mai, che è sempre sul pezzo, incavolato, che non gli sta mai bene niente, che vuole migliorare, vuole migliorare la squadra, il singolo. Credo che Roma abbia bisogno di questo per diventare grande, non sarà facile e per questo gli offriamo un anno per farsi capire. I tifosi ci devono star dietro, come sono stati dietro a me.[…] Il mio rapporto con lui sarà di un amico che sta da una parte e se ha bisogno di qualcosa io proverò a risolverglielo».
Cosa avete chiesto nell’immediato a Gasperini?
R: «Beh, gli abbiamo chiesto di fare il Gasperini anche qui a Roma. Mi sorprendeva Percassi che, anche dopo il quarto anno, diceva “partiamo per salvarci”. Naturalmente Roma non è l’Atalanta di allora. Noi dobbiamo far bene, i nostri tifosi hanno conosciuto grandi campioni e hanno visto grandi squadre. Io sono convinto che col gioco di Giampiero i tifosi si identificheranno, ci vorrà un attimino per oleare bene tutto. Però è questo che gli abbiamo chiesto: far bene, conoscere la squadra, la piazza, per un anno, e poi cominciare a salire sempre di più».
Sulla mancata qualificazione in Champions:
R: «Non ho fatto la volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba. […] Forse ancora non siamo pronti per questo, però siamo più agguerriti sull’ Europa League. Io mi auguro che possiamo fare un buon percorso in campionato e in Europa League, tutti uniti».
Sulla chiamata della Nazionale:
R: «Si è detto tanto, tenetevi quello che si è detto. Non dico nulla. Rispetto l’Italia, ma sono della Roma».
Può spiegarci meglio le limitazioni del fair play finanziario e cosa cambierà a giugno 2026?
R: «Come sapete abbiamo dei paletti e dobbiamo rientrare il 30 giugno. Ci siamo vicini, ma ancora manca qualcosina. Sono sicuro che riusciremo a rientrare in questi parametri che dovremo rispettare anche a giugno 2026 e da lì in poi possiamo operare con più tranquillità. La società si sta adoperando, non può mettere dei soldi, sennò li avrebbe messi. Io sono fiducioso, ci sono questi due mercati in cui stringere i denti e cercare giocatori validi, lottando contro mostri come squadre della Premier League con introiti molto superiori a i nostri. Noi dobbiamo stimolare bene le idee e farci trovar pronti».
La composizione societaria ideale per lei quale sarà? Sarà la triade Gasperini-allenatore, lei consulente e un direttore sportivo?
R: «Io non posso sapere se la proprietà vorrà mettere qualcun altro. Io credo che a livello calcistico rimarrà la base solida che è stata creata e arriverà un altro direttore sportivo. Se vogliono far venire altre figure, questo non sta a me saperlo né deciderlo».
Le risposte del nuovo mister
Ranieri introduce il Gasp che risponde alle domande dei giornalisti.
Gasperini sulla proprietà della Roma:
G: «I primi contatti li ho avuti con Claudio che mi ha descritto per filo e per segno quella che è la realtà di questa società, delle vicissitudini di questi anni. Poi ho avuto modo di incontrare la proprietà, persone che hanno un grande entusiasmo per la Roma. Non so se questo traspare. Hanno dei progetti ambiziosi e hanno individuato in me, attraverso Claudio, la possibilità di creare qualcosa di costruttivo e di forte. E’ una proprietà molto forte, che ha intenzione di investire nella Roma, ma bene e in un modo più sostenibile di quello degli anni precedenti, e soprattutto hanno voglia di portare la Roma in alto. E questo mi sembra più che sufficiente per poter avere un impressione positiva».
La spaventa l’esperienza alla Roma?
G: «Tutti, da quando sono arrivato, mi mettete in guardia sulla situazione della Roma, una città difficile calcisticamente e in cui poter raggiungere obbiettivi per una serie di ragioni. Io credo che questa debba essere una forza e non una debolezza. Mi parlano delle radio, della pressione, però da fuori io vedo un grande entusiasmo, una grande voglia di calcio, di raggiungere obbiettivi. Io credo che tutte queste energie vadano incanalate nel modo migliore. Se negli ultimi sei anni o anche in precedenza c’ è stata difficoltà a raggiungere gli obbiettivi sperati, probabilmente possiamo correggere qualcosa».
Crede di poter cambiare la fisionomia di Dybala? Può essere un giocatore della Roma di Gasperini?
G: «Io spero di non cambiare la fisionomia di Dybala, va bene così. Io spero stia bene e abbia sempre una buona salute e condizione, per lui come per tanti altri giocatori. C’è un prospetto di squadra in cui tutti si devono identificare […] dove tutti spingono nella stessa direzione al di là dei personalismi, e poi ci sono i singoli sui quali con lo staff ci mettiamo a disposizione per cercare di migliorare chi un po’ di condizione, chi un po’ di tecnica, chi un po’ di tattica, chi un po’ di personalità. Se riesci ad alzare il livello dei singoli, la squadra ne giova».
Con quale risultato sarebbe contento alla fine di questa stagione?
G: «Io penso che il risultato massimo può essere la qualificazione in Champions; la Roma non può essere in grado, in questo momento, di vincere lo scudetto, poi dopo non si sa mai, però credo che quello sia il traguardo massimo da porci. Il traguardo migliore per me è quello di rendere questa squadra più forte, con giocatori più possibile da nazionale e internazionali, costruire un nucleo sempre più ampio di giocatori che possano dare continuità a questa squadra e possano creare il nocciolo duro sul quale poi, il prossimo anno, anche con più disponibilità, poter inserire quelle cose che possano alzare il livello, giocatori che in questo momento sul mercato non possono essere ancora trattati, ma che, mi auguro, la Roma nel tempo possa arrivare a fare. […] Un nocciolo forte, duro, compatto, di esempio a tutti i nuovi che arrivano e che dia continuità».
Paredes, Dybala, Cristante, Pellegrini sono calciatori che faranno parte dello zoccolo di cui parla o si può immaginare di rinunciare ad alcuni di loro?
G: «Intanto bisogna partire da quello che c’è, che è tanto, visti i risultati, soprattutto a livello di spirito e mentalità…poi è chiaro che non possiamo essere gli stessi, è normale che mi aspetto un mercato in entrata che possa portare a un miglioramento e a una prospettiva diversa, a dei giocatori che poi costituiscano il nucleo vero. Sarà un mix, non sarà una rivoluzione in tutto, ma è evidente che la Roma debba guardare e aspirare ad avere nuovi elementi che possano portare più in alto la squadra».
Circa le caratteristiche principali dei giocatori che cercherà sul mercato, viste le difficoltà, dove ci si sta indirizzando?
G: «Sono pochissime le società che si possono permettere di prendere giocatori già affermati. I giocatori te li devi costruire molto spesso in casa. […] E’ evidente che per essere una squadra di alto livello hai bisogno di giocatori che raggiungano quegli obbiettivi. Che siano giocatori da nazionale, internazionali, che nelle coppe siano di spessore, questo è il programma che si vuole fare con giocatori emergenti. Io vorrei che i ragazzi, indipendentemente dall’età, il prossimo anno abbiano come obbiettivo non tanto di difendere quello che hanno fatto fino adesso, ma di fare la miglior stagione della loro carriera. Non è ancora arrivato il momento di accontentarsi e di gestirsi. Questo deve essere lo spirito».
Come far tornare il sorriso a Pellegrini e in che posizioni vede in campo lui e Soulè?
G: «Devono avere lo spirito e la mentalità di fare la migliore stagione. […] Questi sono i principi. Oggi il calcio cambia, devi saper far tutto, devi andar forte, perché quando vai all’estero vanno forte. (Nel calcio italiano) forse dobbiamo toglierci un po’ di luoghi comuni e incominciare a vedere le cose in un’altra ottica, perché quello che funziona è altro».
Si è parlato di un inserimento della Juventus, quanto c’era di vero? E’ stata solo la parola data a convincerla a dire no?
G: «Si, però ho avuto la sensazione che questa fosse la strada giusta, al di là di tutti i rischi che continuamente mi vengono elencati. Io ho pensato che veramente questa, per la mia carriera, il mio modo di esprimermi, di fare calcio, per la possibilità di incidere, poteva essere la situazione giusta, fantastica da poter percorrere. E’ quello che cerco e di cui ho bisogno in questo momento e ho la convinzione forte di aver fatto la scelta giusta».
Un pregio e un difetto?
G: «Il pregio che mi sento di attribuirmi è che lavoro e che mi piace. Mi piace lavorare in campo, quando magari fai un qualche cosa che poi rivedi nel giocatore, in campo, lo vedi riproposto. Sui difetti faccio fatica, forse me la prendo troppo a volte, ma non penso sia un difetto (ride)».
Dai tempi di Zeman non c’è a Roma una preparazione così intensa come la sua. Come pensa di organizzarla, con gradoni o simili?
G: « Ma non è vero, non ho mai fatto un gradone in vita mia (ride). Quando giocavo nel Palermo Zeman allenava la primavera. Noi facevamo sempre un mega-torello a centrocampo, mentre i ragazzini della primavera sù e giù per i gradoni. Su questo…intanto non è mai morto nessuno.
Per me è importante che i giocatori si divertano, hanno, come me del resto, la fortuna, tutte le mattine, di svegliarsi e fare il mestiere che più gli piace, in più lo fai con la Roma e ti devi sentire molto fortunato. L’allenamento è fondamentale, è importante come per tutte le professioni per migliorarsi. […] Non può essere un problema allenarsi, deve essere anche un divertimento; se non sorridi, non puoi giocare bene a calcio, io la penso come i brasiliani in questo. Bisogna creare un bel clima di lavoro, di crescita uno con l’altro. E’ finalizzato a questo il mio lavoro, non può essere mai un clima teso».
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