Inter, dopo l’esordio scintillante contro il Torino, i nerazzurri cadono a San Siro: blackout di gioco e concentrazione. Chivu alla prima vera prova di maturità.
La caduta dell’Inter a San Siro contro l’Udinese non è soltanto un episodio di inizio stagione: è un segnale.
La squadra di Chivu, che sette giorni fa aveva entusiasmato travolgendo il Torino con una cinquina, si è presentata alla seconda giornata con l’aria di chi pensa che basti poco per confermare lo stesso copione.
Non è andata così.
L’illusione è durata appena un quarto d’ora, il tempo del gol di Dumfries nato da una combinazione ben orchestrata.
Poi il buio. Un rigore concesso per distrazione, la perla di Atta e San Siro si è ritrovato ammutolito.
Nel secondo tempo, nonostante un assalto a tratti caotico con quattro punte contemporaneamente, la squadra non ha mai dato la sensazione di poter davvero ribaltare la partita.
Una lezione di realismo
Il risultato fotografa una differenza che va oltre i valori tecnici: l’Inter ha giocato di inerzia, l’Udinese di convinzione.
La formazione di Runjaic non si è spaventata nemmeno dopo lo svantaggio, rimanendo fedele alla sua idea di compattezza e ripartenze.
È questo il tratto che ha fatto la differenza: una squadra che sa soffrire e colpire al momento giusto.
Chivu e le prime responsabilità
Per il tecnico nerazzurro questa sconfitta è un campanello d’allarme.
Non è questione di moduli o di cambi tardivi: è un problema di approccio e concentrazione.
L’Inter, per ambizioni e organico, non può permettersi di staccare la spina dopo 20 minuti.
La voglia di rimonta vista nella ripresa non cancella il blackout del primo tempo.
L’altro volto della Serie A
Il calcio italiano continua a ricordarci che non esistono partite scontate.
L’Udinese, spesso relegata al ruolo di comparsa, ha mostrato quanto possa pesare l’organizzazione e la freschezza dei suoi talenti.
La firma di Atta, giovane francese già nel mirino di molti osservatori, è il simbolo di una serata in cui il coraggio ha prevalso sul blasone.
Guardando avanti
Una sconfitta non fa una crisi, ma offre spunti chiari: l’Inter deve imparare a gestire il vantaggio, deve ritrovare equilibrio e soprattutto deve ricordarsi che la fame di risultati non è un optional.
San Siro ha applaudito la generosità finale, ma non può bastare.
Il campionato è lungo, ma le cadute pesano più di quanto sembri: perché non è il punteggio a restare, bensì l’impressione di fragilità.
E quella, oggi, l’Inter l’ha trasmessa.