Dal sigaro a Riyad fino alla sconfitta in finale di Coppa Italia: siamo all’ultimo capitolo della storia tra Conceição e il Milan
Le immagini di Sergio Conceição festante negli spogliatoi della Kingdom Arena di Riyad, sigaro in mano e Supercoppa Italiana appena conquistata, sembrano appartenere a un’altra era. Eppure sono trascorsi appena quattro mesi da quel momento.
Allora, l’approdo dell’ex tecnico del Porto sulla panchina rossonera aveva riacceso l’entusiasmo di una tifoseria reduce dalla deludente parentesi Fonseca. Ma le aspettative si sono infrante contro una realtà ben più amara: oggi il Milan naviga in acque torbide, relegato all’ottavo posto in campionato – con le speranze europee appese a un filo – e reduce da una sconfitta bruciante nella finale di Coppa Italia contro il Bologna.
Un epilogo che pochi avrebbero immaginato, considerando le premesse. Il rapporto tra Conceição e il Milan si è rivelato turbolento: partito tra applausi e promesse, è naufragato tra tensioni, risultati deludenti e una piazza sempre più spaccata.
Ora, quella che sembrava l’inizio di una nuova era rischia di concludersi con una rottura traumatica. E il nome di Conceição, che per un attimo era parso simbolo di rinascita, resta invece legato a uno dei capitoli più amari della recente storia rossonera.
Un finale segnato: sarà addio tra Conceição e il Milan
Della notte di gloria a Riyad, oggi, non resta più nulla. Né l’entusiasmo, né l’orgoglio. Solo il silenzio amaro di un intero settore che, al triplice fischio della finale persa contro il Bologna, ha deciso di alzarsi in blocco e abbandonare gli spalti, voltando le spalle a una squadra irriconoscibile.
Anche il cuore del tifo rossonero, solitamente ultimo a mollare, ha raggiunto il punto di rottura. Un segnale forte, inequivocabile, che la società non può più ignorare.
Ora, servono decisioni nette e drastiche. Perché la stagione del Milan non è solo fallimentare nei numeri: lo è, soprattutto, nella rottura emotiva con una tifoseria che, ancora una volta, ha dato fiducia per poi ritrovarsi con il vuoto tra le mani.
E chi è in questi casi a pagare, se non l’allenatore?
La decisione di separarsi non è nata ieri sera: la finale è stata solo un triste epilogo
Le parole pronunciate prima e dopo la finale dell’Olimpico non si contraddicono, anzi. Tracciano una linea coerente che porta dritta verso un epilogo annunciato: l’addio di Sergio Conceição al Milan.
“La decisione su Conceição non dipende dal risultato di stasera”, aveva dichiarato il direttore tecnico Geoffrey Moncada a pochi minuti dal fischio d’inizio. Una frase che, riletta oggi, assume i contorni di una sentenza. Perché la realtà è che, anche con la Coppa Italia in bacheca, il destino dell’allenatore portoghese non sarebbe cambiato.
La sconfitta contro il Bologna ha solo certificato una volontà già maturata da tempo in seno alla dirigenza: quella di chiudere un ciclo mai veramente iniziato. Sei mesi difficili, dentro e fuori dal campo, che ora trovano nella parola “addio” il loro epilogo naturale.
“Non era una situazione semplice, altrimenti qui ci sarebbe un altro allenatore”, ha ammesso lo stesso Conceição in conferenza stampa, con l’onestà di chi sa di aver dato tutto ma di non aver avuto gli strumenti – o il tempo – per incidere davvero.
E mentre l’allenatore ha confermato la sua presenza per la partita di domenica contro la Roma, il gelo nelle parole dell’amministratore delegato Giorgio Furlani ha lasciato pochi dubbi: “Delusione enorme, non è il momento per rispondere. Mancano ancora due partite, poi prenderemo delle decisioni”.
Due partite che sembrano ormai un conto alla rovescia verso una separazione già scritta. Un addio giusto, anche se, come spesso accade, la colpa è da ricercare in tutte le parti coinvolte. Ma a pagare, si sa, è sempre e solo uno: l’allenatore.