Champions , a Lisbona una sconfitta che pesa meno del previsto: tra pragmatismo e rinuncia, il tecnico azzurro guarda altrove
Il Napoli esce dal Da Luz con una sconfitta netta, ma senza drammi apparenti. Il 2-0 contro il Benfica di Mourinho racconta una partita mai davvero in discussione, ma soprattutto svela una verità più profonda: la Champions League, oggi, non è una priorità assoluta per il Napoli di Antonio Conte.
Non dichiarata apertamente, ma percepibile nei gesti, nelle scelte e persino nel linguaggio del corpo.
Mourinho rilancia la sua corsa europea con entusiasmo. Conte, invece, accetta il verdetto con una calma che somiglia più alla rassegnazione che alla rabbia. E forse non è un caso.
Due napoli diversi: uno per la serie a, uno per l’europa
La partita di Lisbona ha certificato ciò che da settimane aleggia nell’aria: il Napoli in Champions non è lo stesso che domina o lotta in campionato.
E non per rotazioni forzate, né per calcoli estremi. In avvio, Conte schiera i migliori, quelli che hanno costruito le recenti vittorie. Nessun turnover strategico, nessuna formazione sperimentale.
Eppure la squadra appare diversa. Meno feroce, meno intensa, meno convinta.
Non è una questione di tecnica, perché la qualità non manca. È un problema di atteggiamento, di priorità emotiva, di tensione competitiva.
Champions, la tecnica c’è, ma manca il veleno
David Neres è il solito pericolo costante sulla fascia. Hojlund si muove con fiducia, forte di una condizione mentale in crescita. Anche Elmas prova a dare equilibrio, pur senza la lettura difensiva di Lobotka.
Ma i problemi arrivano da dietro.
Il primo gol del Benfica nasce da una disattenzione collettiva, una sbavatura che a certi livelli si paga subito. Il Napoli reagisce, cresce leggermente nel finale di primo tempo, ma senza mai dare la sensazione di poter cambiare l’inerzia del match.
E quando a inizio ripresa arriva il raddoppio, la partita finisce lì.
Mourinho controlla, Conte rincorre
Dal 2-0 in avanti, il campo passa quasi in secondo piano.
È una sfida mentale, tattica, filosofica tra due allenatori che incarnano visioni opposte del calcio europeo.
Mourinho abbassa i ritmi, chiude gli spazi, colpisce solo quando serve.
Conte prova a cambiare, inserisce Spinazzola, Politano, Juan Jesus, Lucca, Vergara. Passa progressivamente al 4-4-2, affidandosi a lanci, cross, speranze più che a soluzioni costruite.
Ma il Napoli resta piatto.
Nessuna spizzata decisiva, nessun colpo di testa risolutore. Solo possesso sterile e la sensazione che la partita stia scivolando via senza vera opposizione.
A Conte va bene così
Ed è qui che nasce la riflessione più profonda.
Il Napoli non è eliminato, l’accesso ai play-off resta possibile. Tutto rimandato a gennaio. E proprio questo rinvio sembra quasi una liberazione.
Conte guarda avanti.
Il calendario offre settimane di campionato, scontri diretti, lavoro quotidiano. La Champions diventa un impegno collaterale, quasi un lusso da gestire nel tempo libero.
Non è una scelta romantica, né particolarmente ambiziosa sul piano europeo. Ma è coerente con la storia dell’allenatore salentino, da sempre incline a concentrare tutte le energie su un solo grande obiettivo.
Champions, Gennaio, il mese della verità
Il club ha investito, e non poco. Oltre 115 milioni spesi per allungare la rosa, sfruttando cessioni pesanti e introiti europei.
Eppure Conte ha continuato a fidarsi soprattutto del blocco Scudetto, attingendo alle seconde linee solo quando l’emergenza infortuni lo ha costretto a cambiare rotta.
La Champions garantisce risorse importanti — circa 50 milioni già incassati — e potrebbe portarne altri. Ma il vero banco di prova sarà il campionato, con una serie di scontri diretti che diranno se questa scelta sarà stata lucida o miope.
Rinuncia calcolata o rischio enorme?
Privilegiare un obiettivo significa spesso sacrificarne un altro.
Ma farlo dopo aver chiesto e ottenuto investimenti così importanti è una scommessa pesante. Perché se lo Scudetto dovesse sfuggire, lasciare andare l’Europa potrebbe trasformarsi in un rimpianto enorme.
Conte ha deciso.
Ora tocca al campo stabilire se è stata una scelta vincente o un azzardo troppo grande.
Il Napoli cammina su un filo sottile.
E gennaio dirà se sotto c’è la rete… o il vuoto.






