Con l’ennesima grande prestazione della sua bella stagione, Christian Pulisic’ si è garantito l’esclusiva di “Gimme a man after midnight”.
Tutte le religioni, dalla più antica a quella formatasi, invece, più recentemente, hanno avuto bisogno di profeti, ovverosia di persone che andassero in giro per il mondo ad annunciare il messaggio di Dio, Allah o Yahweh che fosse.
Sulla reale esistenza di questi personaggi non si hanno delle prove molto concrete, se è vero che la vita figure come Mosé o Giona appare abbastanza complicata da trasporre in un contento terreno, ma, in questa specifica situazione, quello che interessa a noi è il compito di questi uomini più o meno illuminati, a seconda delle varie visioni.
Essi, infatti, credevano fermamente in ciò che andavano predicando nelle terre più aride, dal punto di vista religioso, che si potevano trovare, andando a rischiare, compiendo ciò che credevano Dio gli avesse ordinato di fare, persino la vita, a causa del fanatismo di alcuni.
Christian Pulisic’, evidentemente, non deve aver rischiato di morire per la sua enorme passione per il calcio, ma, sicuramente, in un paese come gli Stati Uniti, unico al mondo a non subire il fascino irresistibile del calcio, deve certamente aver trovato più di qualche difficoltà nel praticare lo sport che ha sempre amato.
Dal suo talento, dalle piccole opere d’arte che fin da piccolo, dopo un breve “erasmus” nella patria degli inventori del nostro sport, però, germogliò un messaggio talmente convincente che, a circa trent’anni dalla nascita dell’attuale attaccante del Milan, lo stato di Trump è in procinto di organizzare il suo secondo mondiale della storia, questa volta con delle ambizioni maggiori della semplice comparsata.
In parte, ciò lo si deve proprio a Pulisic’, profeta nella terra calcisticamente meno evangelizzata del pianeta.
Di padre in figlio
A voler essere sinceri, però, Christian Pulisic‘ non è stato il primo della famiglia ad abbracciare il pallone a pentagoni neri, visto che, a quanto si sa, questo sport è sempre stato un vero affare di famiglia, visto e considerato che il padre stesso dell’attuale milanista fu un professionista dell’indoor.
Fu, quindi, proprio Mark a trasmettere l’amore per il calcio al figlio che, però, come tutti i profeti, ricevette una folgorazione in questo senso quando, a causa del lavoro della madre, la famiglia si trasferì in Inghilterra, la patria del “football”.
Nonostante l’esperienza nella “perfida”, come avrebbe detto un grande italiano, terra d’Albione durò poco tempo, Christian ebbe comunque il tempo e il modo di osservare come in quel paese il calcio fosse una vera religione, paragonabile veramente ad una qualche dottrina.
Tornato negli Stati Uniti, dunque, comprese che, affinché potesse continuare a dare sfogo liberamente alla propria passione, doveva di sicuro evangelizzare quella terra così arida dal punto di vista calcistico e, in breve tempo, con le sue giocate, fece appassionare un sacco di amici della sua cittadina.
Allenandosi con loro e migliorando giorno dopo giorno, Pulisic’ riuscì immediatamente ad entrare nel giro delle nazionali giovanili e, convocato per il Mondiale Under 17 del 2014, si mise in mostra sul più importante palcoscenico globale limitatamente alla sua categoria.
In particolare, un osservatore del Borussia Dortmund lo notò, consigliando alla dirigenza del club tedesco di accaparrarselo subito, prima che qualche altra big d’Europa ci riuscisse prima. I tedeschi lo ascoltarono e, direttamente dalla Pennsylvania, Christian approdò in uno dei club più blasonati al mondo.
Pulisic’ comes back to England
L’ascesa di Christian fu veloce: dopo solo un anno dalla sua venuta in Germania, il Borussia Dortmund gli permise di scendere in campo con continuità, permettendo agli scettici di ricredersi grazie alle sue indiscusse qualità, messe in mostra fin dalla prima gara.
Con i gialloneri, in quegli anni diretti antagonisti del formidabile Bayern di Muller, Neuer e compagnia cantante, Pulisic’ giocherà per altri quattro anni, prima che qualcuno in Inghilterra, incantato dalla bellezza delle sue giocate, torni a metterci gli occhi.
I blues del Chelsea, in particolare, battendo la concorrenza di tante altre agguerrite rivali, riuscirono nell’impresa di strapparlo al Dortmund per l’elevatissima cifra di sessantaquattro milioni di euro, un costo assai alto per un ragazzo di appena ventun anni, ancora vergine di qualunque trofeo.
Questa lacuna, però, non dovette aspettare molto prima di venir colmata, se è vero che, anche grazie alle importanti reti dello statunitense, la squadra di Tuchel riuscì a conquistare un’incredibile Champions League, battendo in finale il bellissimo City di Guardiola.
Dalla Pennsylvania al tetto d’Europa: la carriera di Christian sembrava veramente diretta alle stelle, alla preminenza del calcio globale, ma, come sempre accade, bastarono un piccolo infortunio e una stagione sottotono da parte dell’intera banda blues a far girare i riflettori.
Di Pulisic’, infatti, improvvisamente si smise di parlare, lasciandolo solo con i suoi dubbi e la sua grande passione per la propria nazionale, unica costante della sua carriera, la quale, in quel momento, necessitava assolutamente di un rilancio.
L’americano ritenne, allora, che il Milan di Stefano Pioli, reduce dalla dolorosa eliminazione in semifinale di Champions contro i cugini, potesse essere il luogo ideale in cui attuarlo.
Capitan America
Milano, nonostante venga dipinta da tutti come la città in grado di offrire una possibilità a tutti, non sempre è accogliente con tutti coloro che vengono a lavorarci o, in generale, ad abitarci, poiché li tratta, inizialmente, con un po’ di alterigia e di superbia.
Anche nei confronti di Pulisic’, reduce come detto da una stagione non brillante con il Chelsea, il benvenuto non fu così caloroso, visto che tutti i tifosi milanisti temevano enormemente che il nativo di Hershey potesse realmente essere l’ennesimo flop della lunga serie in grado di tormentare i loro sonni notturni.
Dimostrando uno spirito di sacrificio visto poche volte nelle esperienze precedenti, l’americano stupì, invece, tutti, affermandosi come un giocatore in grado di ricoprire, all’occorrenza, una grande varietà di ruoli, tutti in funzione del bene dei rossoneri.
Tra l’alto, Christian è approdato a Milanello in occasione di due stagioni sicuramente abbastanza complicate da parte del Diavolo, il quale, se l’anno scorso è rimasto “deluso” dal secondo posto e dalla prematura uscita da Champions ed Europa League, quest’anno è quasi ufficialmente fuori dalla qualificazione alle coppe europee.
Nonostante ciò, Pulisic’ gode di un affetto assoluto da parte dei suoi attuali tifosi, che ne riconoscono senza alcun dubbio le qualità e la voglia di non lasciare nulla al caso, nemmeno quando sarebbe stato troppo semplice fare ciò.
D’altronde, però, un profeta deve pur essere resiliente se vuole diffondere il suo messaggio e, di conseguenza, non possono essere dei magri risultati a mettere in difficoltà uno come il predicatore di Hershey, il quale, da quando è arrivato in Italia, ha preso il nome di una leggenda del suo paese: Capitan America.